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Performance Marketing…what else? - Il nostro intervento a IAB Forum 2023

19 dicembre 2023
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Stiamo assistendo a un gigantesco BIG BANG che cambierà per sempre le regole del gioco.

Le strategie di marketing impongono un naturale orientamento al risultato e alla massimizzazione degli investimenti, che hanno favorito la nascita del concetto di “performance marketing”. Gli obiettivi monitorati sono solitamente CPC, CPM, CPL, CPA, acronimi che fanno ormai parte del lessico comune e che rappresentano metriche fondamentali per analizzare le interazioni dell’utente verso un determinato contenuto o rispetto a un certo stimolo, in modo da poter valutare l’andamento della campagna e pianificare i successivi investimenti.


Quando ragioniamo su queste metriche e, in generale, quando ci troviamo nel contesto del performance marketing, stiamo lavorando principalmente sulla parte alta del funnel. 

Ma cosa significa?

Che stiamo ponendo forte attenzione alla lead generation, ovvero alla fase di ingaggio dell’utente nella sua conversione da prospect a cliente. Questo può avvenire su diversi canali, che sia il sito internet aziendale, una landing dedicata, la pubblicità sui motori di ricerca o le comunicazioni sui social, in organica o sponsorizzata. In generale, queste comunicazioni utilizzano i parametri di performance marketing per valutare la bontà di un progetto.


Verso il Big Bang

Il mondo digital sta cambiando rapidamente a fronte di un consumatore sempre più esigente e sfuggente, che pone maggiore attenzione alla propria privacy, contrapponendo una soglia di attenzione sempre più bassa verso le comunicazioni. Se il mercato cambia, le strategie che abbiamo sempre utilizzato devono aggiornarsi, anche in virtù di fattori esterni che non possiamo ignorare.

Oggi ci troviamo di fronte ad un gigantesco Big Bang: immaginiamo i trend che stiamo per raccontarvi, come se fossero tre grandi pianeti che fino ad oggi hanno orbitato in modo autonomo, sebbene sicuramente interconnesso. Oggi questi pianeti non solo cambiano forma, ma stanno anche per scontrarsi tra loro:

  • Cookie Apocalypse: i primi test inizieranno già dal 2024, dopodiché la chiusura dei cookie sarà effettiva entro fine anno. I cookie continueranno a esistere nella loro natura funzionale, ma perderanno la capacità di tracciamento. In altre parole, non potranno più raccogliere informazioni rispetto alle preferenze dell’utente, né rispetto alla sua navigazione sui vari siti web; questo blocco impedirà di fatto le attività di retargeting e remarketing. Non saranno più utili, quindi, al fine della lead generation.
  • Social Fatigue: gli investimenti in adv sono ancora alti, solo in Italia sfiorano i 2 miliardi di euro nel 2023. I tassi di ingaggio però sono in calo. Negli ultimi 5 anni Instagram ha perso il 23% di engagement rate. I tassi di Facebook sono già molto bassi. Le evidenze year-on-year di Tik Tok non sono ancora note, ma possiamo immaginare che vivrà una curva simile a quella di Instagram (Social Media Industry Benchmark Report di Rivaliq). Parallelamente cala il trust e l’affezione verso i social da parte di utenti e aziende. Gli utenti cercano sempre più spesso soluzioni detox, e le aziende si allontanano, non condividendo le scelte dei gestori delle piattaforme o il modo in cui quest’ultime trattano i dati personali degli utenti (e quindi anche dei propri clienti). Non ultimo, il tema della mental health, con ampie evidenze scientifiche che un non corretto utilizzo dei social può portare a dipendenze e problemi di ansia e depressione.
  • Advertising Overload: in media, ogni persona è sottoposta a 33.000 messaggi pubblicitari al giorno. Il risultato? Un sentimento di avoidance da parte del pubblico. I consumatori sono sempre più sfuggenti e con una soglia dell’attenzione sempre più bassa. In questo ambito si stanno facendo molte sperimentazioni per trovare nuove metriche di misurazione, definite attention metrics, per misurare appunto l’attenzione di un certo individuo verso un messaggio. È importante però tenere in considerazione che l’attenzione visiva non corrisponde necessariamente all’attenzione mnemonica, quindi aver guardato (o essere stati costretti a guardare) una pubblicità per 5 secondi non significa avere necessariamente nella propria memoria il messaggio del brand.

Oltre a questi trend, le strategie di marketing vedono un rinnovamento dovuto anche a fattori endogeni, in particolare quello che definiamo “budget review”. Siamo infatti entrati nell’era del meno. Se il periodo prepandemico ha visto importanti investimenti in digital advertising e in soluzioni martech, nel post covid la contrazione degli investimenti va dal 12 al 9% impattando proprio su queste due aree. Viene richiesta una diversificazione degli investimenti e una massimizzazione degli investimenti martech già effettuati. Un taglio che obbliga ogni azienda a ripensare le proprie strategie di marketing. 


Dalle criticità nascono le opportunità

Le opportunità si chiamano Walled Garden. Si tratta di ambienti digitali protetti e di proprietà di un brand, al cui interno si scelgono le modalità di relazione col pubblico e anche il taglio comunicativo da adottare con clienti, prospect o stakeholder. Alla base di questi ecosistemi vi è un profondo trust tra brand e cliente, che porta alla raccolta di dati consensati di prima e seconda parte, necessari per avviare una relazione di medio lungo termine in un mondo cookieless.

Particolarità di questi ambienti è l’attitudine volontaria dell’utente di farvi parte e di fruire i contenuti proposti o interagire con i tool di attivazione presenti. Ogni brand, infatti, sceglie come attivare la relazione col pubblico attraverso survey, quiz, corsi, masterclass, contenuti editoriali, challenge. La gamification può essere utilizzata per coinvolgere maggiormente l’utente stimolando la retention, ad esempio attraverso l’utilizzo di avatar, badge e livelli.

Ogni walled garden è un ecosistema a sé stante che viene disegnato a partire da un obiettivo molto chiaro che non necessariamente vincolato al business. Anzi, il business può anche non essere presente all’interno del walled garden, proprio nell’ottica di offrire alle persone un ambiente genuino dove interagire e scambiare valore reciproco. Questo ci porta anche a confermare che un walled garden è un ecosistema democratico che accoglie tutti gli stakeholder, clienti e non clienti.

Nei tre esempi di walled garden che vedremo di seguito, gli obiettivi che hanno portato al loro disegno strategico sono molto differenti.

Be Iren, il walled garden di Iren Luce Gas e Servizi, ha visto una progettualità guidata dall’esigenza di rinnovare la strategia di loyalty, per poi diventare un vero e proprio ecosistema del Gruppo Iren Mercato, che oggi accoglie al suo interno molteplici servizi, da luce e gas, ai servizi finanziari o di pagamento, elettrico, e molto altro.

Snaifun, il walled garden di Snaitech, nasce invece come strumento di dialogo genuino verso il pubblico in virtù del fatto che le società di betting sono vincolate dalla propria comunicazione dal Decreto Dignità. Ogni persona può entrare in app, iniziare a giocare, da sola o sfidando le persone in community. L’utente accumula valore per ogni azione svolta, anche fruendo i contenuti editoriali.

Sporters è a tutti gli effetti una startup innovativa che si pone l’obiettivo di indurre i giovani verso la pratica sportiva. Ricca di masterclass e percorsi educativi rispetto a discipline olimpiche e paralimpiche è un walled garden che ha visto l’endorsement anche del Ministero della Salute.

Cosa hanno in comune questi walled garden?

Si tratta di ecosistemi a sé stanti e guidati da parole chiave differenti. Se Be Iren si articola sul concetto di territorialità e cultura, Snaifun sceglie invece il gioco sano e consapevole, mentre Sporters opta per il concetto di educazione sportiva.

Ma il denominatore comune di questi progetti è sicuramente il mindset.

Non ricercare solo una performance iniziale, un ingaggio istantaneo, ma traghettare la relazione in una fase di retention lavorando su tutto il funnel della relazione: dall’ingaggio, all’acquisition, alla loyalty. La retention dell’utente e il coinvolgimento all’interno di ambienti dedicati permette di dare risposta alle criticità analizzate:

  • all’interno dei walled garden partecipazione e interazione sono spontanee, i dati raccolti sono di prima e seconda parte e funzionali alla costruzione di un dialogo valoriale nel tempo tra brand e utente;
  • i contenuti sono pertinenti e si personalizzano sulla base delle preferenze dell’individuo, in questo modo si aggira il sentimento di avoidance e la comunicazione di brand diventa interessante;
  • il pubblico viene “riportato a casa”, dai social verso un hub proprietario, dove diventa possibile costruire una relazione nel day by day, veicolando i valori del brand e costruendo percorsi editoriali e informativi rilevanti, senza dover ricorrere ai social network.

Il walled garden diventa a tutti gli effetti il touchpoint di riferimento della marca, all’interno del quale pianificare anche la propria comunicazione e i lanci di prodotti/servizi.

Oggi ha ancora senso parlare di CPC, CPM, CPS, CPA?

Ha sicuramente rilevanza in quanto queste metriche possono essere applicate anche all’interno dei walled garden. Sarebbe però importante mappare anche una metrica di valore rispetto all’utente, il CPV - Cost per Value. Le persone non sono tutte uguali e il modo in cui interagiscono con il brand, con i contenuti somministrati e gli stimoli, impatta sull’affezione che hanno verso la marca. Mappare questo valore in modo costante e dinamico permette al brand di canalizzare meglio gli investimenti e massimizzare le performance.

Un esempio concreto: immaginiamo due persone a rischio churn. Entrambe andranno coccolate e coinvolte per non perderle, ma avere evidenza del CPV permetterebbe delle valutazioni differenti in termini di spesa e quindi di azioni di retention, banalmente, quanto spendere rispettivamente per un caring.

Il walled garden è il futuro della relazione brand-utente

In un contesto digital in grande mutamento, i walled garden permettono oggi di rispondere alle grandi criticità portate dalla cookieless e dai problemi connessi all'advertising e ai social. ma permettono anche di costruire una sfera più intima e genuina dove coinvolgere il proprio pubblico e dialogare in modo diretto e personalizzato. In prospettiva, l’adozione del walled garden da molteplici soggetti aziendali diventarà anche una risposta alla lead generation: un’azienda di auto elettriche potrà pianificare sul walled garden di Be Iren verso il target utenti più sensibile alle tematiche di sostenibilità.

È arrivato un nuovo modo di vivere e costruire i progetti di engagement e loyalty.

Il mondo dei walled garden ti ha incuriosito?

Desirée Bison, responsabile marketing di Advice Group ne ha parlato nel corso di IAB Forum 2023

Vuoi scoprire come progettare un tuo walled garden?

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