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Un nuovo modello di loyalty, democratico e inclusivo, che punta sulle persone

04 dicembre 2023
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Solo l’1% delle aziende italiane si ritiene pienamente soddisfatto della propria strategia di fidelizzazione ma il cambiamento dipende dalla cultura aziendale

Il benessere del business parte dalle persone, che si tratti dei consumatori o dei propri dipendenti. I numeri dell’Osservatorio Fedeltà 2023 parlano chiaro: solo l’1% delle aziende italiane si ritiene pienamente soddisfatto della propria strategia di loyalty e il 50% considera il programma fedeltà come un costo. Ci troviamo di fronte a una crisi del settore, ma la chiave di volta è rappresentata dalle persone e il loro benessere.

Oggi i consumatori vivono con disagio il cosiddetto “advertising overload”, ossia la ricezione di un numero di contenuti pubblicitari troppo elevato rispetto a ciò che ritengono davvero rilevante. Questo eccesso pone l’utente in una condizione di rifiuto rispetto alla maggior parte delle comunicazioni adv, percepite generalmente come non opportune. Occorre quindi ristrutturare la relazione brand-consumatore, soprattutto in corrispondenza della scomparsa dei cookie di terze parti, che non consentirà più le attività di retargeting non consensate a partire dal 2024. Ulteriore criticità è data dalla crescente canalizzazione delle comunicazioni verso le community delle proprie pagine social, processo che non favorisce la creazione di un database di clienti ad appannaggio dell’azienda, in quanto gli utenti, sebbene follower della pagina del brand, sono realmente registrati sui database dell’azienda social che ne detiene dati e informazioni.

Questi fattori impattano sempre di più sui temi di raccolta e gestione del dato cliente, e portano alla creazione di nuove opportunità, ossia i walled garden, ambienti digitali protetti e di proprietà di un brand al cui interno si scelgono le modalità di relazione col pubblico e anche il taglio comunicativo da adottare con clienti, prospect o stakeholder. Questi luoghi digitali, come ad esempio app, portali e blog, permettono uno scambio “consensato” delle informazioni, i contenuti si personalizzano rispetto a gusti e preferenze dell’individuo e generano relazioni altamente valoriali perchè rispondono agli interessi del singolo utente. Ogni azienda sceglie la forma del proprio walled garden e il taglio editoriale prediligendo obiettivi di edutainment, infotainment, crowdsourcing o utilizzando la gamification per stimolare processi di retention. Questi ambienti si arricchiscono poi con survey, contest, giochi, challenge e attività di caring, spesso legate a masterclass educative, da proporre all’interno del proprio hub digitale. Ogni walled garden può dialogare con i canali già esistenti del brand, integrandosi e attivando nuove forme di loyalty comportamentale non basate solo sulle possibilità economiche dell’individuo ma legate alla sua capacità di fruizione dei contenuti. Si creano così i presupposti per una loyalty inclusiva e democratica secondo cui, mantenendo un dialogo continuativo attorno a specifiche tematiche, ma anche introducendo informazioni su prodotti e servizi, si sfruttano i dati di consultazione per personalizzare meglio le comunicazioni da veicolare agli utenti. 

Questi hub di nuova generazione rispondono alle preoccupazioni del mercato perché pensati proprio per prendersi cura delle persone e supportare le aziende sotto il profilo degli investimenti, in quanto luogo virtuale su cui canalizzare le attività di marketing e digital advertising nei confronti di una customer base nutrita, segmentata e sicuramente interessata al brand.

Ma l’attenzione nei confronti delle persone non deve essere rivolta solo verso l’esterno. I problemi del settore sono dati anche da un mancato coinvolgimento dei dipartimenti aziendali all’interno del disegno strategico di fidelizzazione, che invece può diventare prezioso per favorire il benessere di tutta l’azienda. Si tratta di un problema culturale nelle aziende italiane, ancora troppo abituate a lavorare a compartimenti, senza contaminazioni tra le proprie professionalità, quando invece maggiore attenzione dovrebbe essere posta all’employee loyalty. Un percorso introspettivo su cui stiamo lavorando intensamente, facendo del work-life balance dei propri dipendenti una questione centrale per un’azienda sana. Il Covid ha dato il via a una serie di innovazioni virtuose che puntano al benessere dei collaboratori: dalla conferma dei contratti in full-remote, ad un accordo sindacale che ha sancito il venerdì corto per lasciare più spazio al tempo privato e agli affetti. L’istituzione della figura del “buddy” poi, ovvero un collega designato per ogni nuovo inserimento che si prende cura di lui o lei, rispondendo ad ogni dubbio per almeno 6 mesi dall’assunzione, è stato voluto proprio perché la nuova risorsa possa sentirsi parte del Gruppo. L’acquisizione di 2 nuove società ha inoltre reso necessario un percorso sviluppato a 4 mani con la società di People & Culture management Baats. Tra le attività promosse, un osservatorio sul clima aziendale che prevede un’indagine interna settimanale rispetto all’umore dei dipendenti, le cui risposte permettono di monitorare lo “stato di salute” di ogni dipartimento per evidenziare eventuali criticità e intervenire contestualmente, anche con supporti di dialogo dedicati. Abbiamo inoltre intensificato le attività di team building, i workshop rivolti a tutti i dipendenti e i percorsi destinati ai manager per rinforzare le loro skill nella gestione del personale.

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